Descrizione
Raccogliere documenti di un passato non troppo remoto è stata volontà di alcuni amici attenti a ciò che capita sul territorio, coscienti che il degrado sta distruggendo un patrimonio storico e artistico appartenuto alla nostra terra e alla sua gente. Come sempre le cose belle nascono da un sogno, poi prendono forma.
L' idea nel percorso si precisa e, come per incanto, quello che poteva essere scambiato come passione di uno, poi di un altro e in seguito di un gruppo, alla fine diventa progetto della comunità. Il gruppo denominato «Associazione Ossimo Ieri» ha condotto questa azione con scrupolo e consapevolezza di ciò che si stava raccogliendo per costituire il Museo etnografico, aperto al pubblico dall'agosto 1995, resti di una archeologia di vita e sentimenti fatta di ottimi reperti da valorizzare con rigore scientifico per poter ridare alla comunità la sua storia.
Collezionare e valorizzare le cose, gli utensili che accompagnarono la vita quotidiana della gente che visse sull'altopiano della nostra montagna, significa salvare la memoria di una civiltà fatta di valori legati al quotidiano. Vuole essere così un modo per ricordare la vita di un mondo ormai scomparso, per ricercare le condizioni degli uomini, i valori di quegli abitanti, la loro condizione sociale, economica, culturale, il loro ruolo, il loro rapporto con la terra, la natura, il loro silenzio meditativo. Questo è quello che qui abbiamo cercato di capire, anche ricostruendo, più fedelmente possibile, i vari locali espositivi che coprono un'area di oltre 500 metri quadrati di superficie, che documentano la cucina, la camera, il portico, la filatura, la scuola, la guerra e la naia, l'arte sacra, la casera, la cantina, la falegnameria, il fabbro, la carpenteria e il muratore, il minatore, l'arrotino, il calzolaio, l'apicoltore.
Qui nel nostro Museo i documenti, le immagini fotografiche, gli oggetti esposti parlano di Ossimo, Bomo, Lozio e di tutta la Valle Camonica: raccontano, documentano, forniscono testimonianza etnografica: ora ciò che è esposto fa scuola, è divenuto testo didattico della cultura materiale del legno, ferro e pietra: un libro di storia figurato che si propone ora al dibattito. Aratri, zappe, cani, benne, gerle, gioghi, filareui, arcolai, roche, fusi, pizzi e ricami, madie, scaldaletti, paioli, mestoli, grattugie, gavette, sgorbie, compassi, trivelle, asce e pialle, tagliole, zangole, stadere, stampi per burro, frangicagliata, falci, rastrelli, vanghe, setacci, brente, spine, botti, tini e torchi, esposti nella casa museo educano alla riflessione e meritano di essere proposti alle scuole di ogni grado e a tutti coloro che vogliono setutare nello spessore della memoria. Conservare la memoria collettiva è uno strumento incomparabile per educare. Gli oggetti e le immagini di scolaresche, famiglie e avvenimenti vari dei primi del Novecento raccontano il loro valore. Così tutto serve, tutto documenta, tutto diviene prezioso, tutto parla del rapporto tra gli uomini e le cose.
Ecco l'anima del museo, ecco i sentimenti che in questo progetto hanno trovato concreta attuazione grazie a coloro che hanno dato oggetti, documenti, e tanta manodopera accomunando gli amici dell'«Associazione Ossimo Ieri» con la propria gente.